martedì 30 marzo 2010

Newsletter n.9/2010

Questa settimana la rassegna stampa è a cavallo tra gli ultimi giorni di campagna elettorale, il week end di voto e le ore dei risultati. Lo segnalo solo perché, se qualcuno o qualcuna di voi intende fare un esercizio di verifica del funzionamento dei media, potrebbe trovare assai interessante il nostro archivio on line e provare a vedere come i partiti affrontano, o meglio non affrontano, i temi dei diritti. Tra le numerose strumentalizzazioni quella più quotata è la ‘sicurezza’. Nei posti di lavoro? Nelle barriere architettoniche? Intesa forse come garanzia di pari opportunità nell’accesso ai servizi? No. Nonostante il Pacchetto sicurezza sia divenuto legge – anzi, in virtù di questo – l’Italia e la nostra regione vengono spacciate per i luoghi peggiori dove vivere. Tanto per fare un esempio: a Mantova poche settimane fa è stata scoperta un’organizzazione che si occupava di traffico di esseri umani gestita da imprenditori locali e non solo. Qualcuno ne ha più parlato, a parte il trafiletto sulle scarcerazioni in attesa di giudizio? No. Meglio declamare che Il degrado urbano si può combattere, come scrive in una sua lettera Luca de Marchi della Lega (Voce di Mantova, 30/3), il quale attribuisce il pressante incubo mantovano dei rifiuti fuori dai cassonetti ai rom e sinti e agli “extracomunitari senza permesso di soggiorno”. Magari! Le persone in stato di clandestinità e i cittadini sinti sono talmente pochi a Mantova che se i problemi legati al “degrado” dipendessero veramente solo da loro saremmo più puliti dei giardini meranesi.

Il fatto è che l’equazione Altro = Contaminazione negativa sta prendendo sempre più piede anche qui, nonostante il bassissimo tasso di criminalità e le ottime politiche di interazione, sia di molte amministrazioni sia dell’associazionismo.

Angelica Bertellini

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martedì 23 marzo 2010

Newsletter n.8/2010 - Quelli come lei...

Li avevano avvertiti in tutte le lingue: se entro il 15 marzo non avessero regolarizzato i pagamenti della mensa scolastica per i loro figli, il comune (non andrebbe maiuscolo?) avrebbe interrotto ‘l’erogazione del servizio’. E così, più o meno allo scadere dell’ultimatum, nove bambini (sette stranieri e due italiani) della scuola materna ed elementare di Montecchio Maggiore (VI) si sono trovati davanti un panino e un bicchier d’acqua invece del bel pranzetto che aspettava i compagni.La notizia fa scalpore, anzi fa schifo. Ne parlano i telegiornali nazionali, i quotidiani e sulla rete si moltiplicano di ora in ora le voci sdegnate. La sindaca Milena Cecchetto e l’assessore alle Politiche Sociali e all’Istruzione Barbara Venturi, entrambe leghiste, non sembrano scomporsi. Compaiono radiose sui teleschermi rivendicando l’equità di un gesto discriminatorio che viola ogni convenzione sui diritti dell’infanzia e l’onorabilità di un Paese che non lo punisce. Non si tratta di pane e acqua, precisano le amministratrici, ma di un panino imbottito e di una bottiglietta d’acqua minerale. E fingono di ignorare quanto una disparità di trattamento come questa possa ferire un adulto ma sia certamente terribile per un bambino; che ne coglie immediatamente tutti i significati simbolici: valgo meno, ho genitori di cui vergognarmi, ho genitori che non si occupano di me. Ma anche: i miei genitori per colpa mia devono spendere tanti soldi, sono la causa di un grosso guaio per loro, potrebbero non volermi più bene ...

Maria Bacchi

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martedì 16 marzo 2010

Newsletter n.7/2010

Il nostro archivio on line questa settimana fatica a caricare la mole di articoli segnalati dall’agenzia di rassegna stampa: abusi, discriminazioni, slogan xenofobi. Brutto segno.
Un tocco di internazionalità. In questi giorni, se qualcuno se ne è accorto, abbiamo avuto nel nostro Paese la visita dell’Alta Commissaria per i diritti umani dell’ONU Navi Pillay. Ne leggiamo in «Discriminati donne, gay, zingari e musulmani» assieme alle considerazioni del Rapporto ONU e del Rapporto USA sui diritti umani dedicati all’Italia (Gazzetta di Mantova, 12/3):

«Il governo italiano rispetta in generale i diritti umani dei suoi cittadini anche se vi sono problemi con la lunghezza delle detenzioni pre-processuali, la lunghezza eccessiva dell'iter giuridico, la violenza contro le donne, il commercio di persone, gli abusi nei confronti di omosessuali, zingari e altre minoranze». E' questa la conclusione del capitolo dedicato all'Italia del rapporto annuale compilato dagli Stati Uniti sul rispetto dei diritti umani nel mondo. Il documento rileva «l'uso occasionale di forza eccessiva da parte della polizia nei riguardi degli zingari [sic] e degli immigrati». Per quanto riguarda la libertà di religione il rapporto denuncia «casi di discriminazione e violenza nei confronti dei musulmani». Anche secondo l'Onu in Italia «ci sono pregiudizi pericolosi» nei confronti degli immigrati, a livello politico e dai media: «dipingere rom, sinti e maghrebini come criminali e nomadi può portare tensioni».

Angelica Bertellini

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martedì 9 marzo 2010

Newsletter n.6/2010 - Giovani voci

Compiere 18 anni vuol dire, innanzitutto, prendersi la responsabilità di tutto ciò che si fa, essere responsabili di se stessi, essere in grado di prendere delle decisioni, di fare delle scelte e, nel caso di scelte sbagliate, pagare le conseguenze.
Nel caso di un ragazzo italiano, compiere 18 anni in genere vuol dire avere la macchina, la casa, passare il sabato sera in discoteca a ballare con gli amici, a divertirsi, a non pensare ai problemi; vuol dire essere spensierato, tanto c’è qualcun altro che pensa per lui, cioè i genitori.
Mentre per un ragazzo extracomunitario, avere 18 anni, in generale vuol dire arrangiarsi da solo o con l’aiuto di qualche buonanima; vuol dire prima di tutto, trovarsi un lavoro perché al momento in cui lo straniero maggiorenne si presenta in Questura per il rinnovo del Permesso di Soggiorno, gli viene richiesta la disponibilità di un reddito annuo minimo pari ad una somma di € 5.317,65. Tale somma gli deve consentire non solo di avere il permesso di soggiorno, ma anche di renderlo autosufficiente: con quella somma dovrà pagarsi l’affitto della casa, la luce, l’acqua, gas ecc., cosa che ai ragazzi italiani non passa neanche per l’anticamera del cervello. Se ti capita di fare un discorso di questo genere tra ragazzi italiani e ragazzi extracomunitari, se dici tutto questo, è molto probabile che ti capiti di sentir dire da qualche italiano: eh, ma siete voi che avete scelto di venire in Italia, nessuno vi ha invitati!
Ho sempre detto che i ragazzi italiani crescono “con tutto pronto, non gli manca mai niente”, per carità, non ho nulla in contrario, ma penso che sia giusto che per tutte le cose che il figlio riceve, in cambio debba dare al genitore qualcosa, per esempio un bel voto a scuola. In questo modo lo scambio di dare e ricevere ha un significato.
Ora pensiamoci un attimo. Con questa grande crisi economica globale, e con tutti i disoccupati che ci sono e che purtroppo tendono ad aumentare sempre di più, la probabilità di trovare un lavoro è molto rara e per legge lo straniero maggiorenne, se vuole avere il permesso di soggiorno, deve avere un lavoro, altrimenti viene rimpatriato nel suo paese d’origine. Secondo voi è giusto che si venga rimpatriati solo perché non si ha un lavoro invece di essere aiutati come succede in alcuni Paesi del nord Europa?
Una cosa che non mi è mai piaciuta e che non mi piacerà mai dell’Italia è la burocrazia.
Secondo i dati IARD, la maggior parte dei ragazzi italiani vive tutto questo a spese dei genitori, non solo per i primi anni di maggiore età ma bensì oltre i trent’anni. Ci sono trentenni che continuano ad abitare con mamma e papà: molti devono ancora terminare gli studi universitari o stanno cercando un lavoro, ma anche quando sono in grado di mantenersi da soli, capita che da casa non se ne vadano.

Abdul Rostami

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martedì 2 marzo 2010

Newsletter n.5/2010 - Muri

Cosa accomuna il respingimento delle quattro famiglie sinte bresciane che hanno acquistato un terreno nel comune di Guidizzolo per andarci a vivere e cominciare ad affrancarsi dal ghetto dei cosiddetti campi nomadi e il regolamento approvato dall’amministrazione di Goito, che respinge dall’asilo comunale (e quindi pubblico) i bambini provenienti da famiglie che non abbracciano “una visione cristiana della vita”?
Al fondo delle due operazioni c’è l’idea che serve innalzare muri non valicabili per ‘difendersi’ da chi non appartiene alla ‘comunità’ dei nativi maggioritari: qui non c’è posto per te se sei diverso da noi. E la parola ‘diverso’, resa dall’abuso povera di senso, prende, nell’area compresa tra Guidizzolo, Mariana Mantovana e Goito significati che riguardano molti di noi: non entri se sei sinto o rom, se sei ateo, ebreo, musulmano, buddista, induista, divorziato, separato, omoaffettivo, o anche solo cocciutamente laico. Che tu sia maschio o femmina, in età adulta o in età bambina. Noi ‘minoritari’ possiamo essere tutti respinti. A riprova del fatto che quando in una società si apre una lacerazione nel tessuto democratico e passa una discriminazione, prima o poi, tutti siamo esposti al rischio di essere discriminati.
Alcune amministrazioni sembrano voler aprire conflitti, sollecitare paure, costruire estraneità. Dovremmo indignarci ancora di più pensando che a fare le spese di queste operazioni di ‘pulizia’ sono soprattutto i bambini e le bambine.

All’assemblea promossa dal gruppo dei consiglieri dell’opposizione del Comune di Goito martedì sera il pubblico era folto e attento. Tante le voci preoccupate: anni fa era impensabile che gli abitanti del paese potessero dividersi sulla difesa di un principio costituzionale. La sensazione diffusa era quella di un degrado dell’ossatura democratica. C’erano un folto gruppo cittadini goitesi provenienti da altri Paesi; quelli più direttamente interessati alle esclusioni e ai respingimenti. Hanno ascoltato zitti. E se ne sono andati. Era presente anche un gruppo di cittadini e cittadine castiglionesi di origine magrebina; sono intervenuti, hanno catturato l’attenzione, risvegliato la voglia di partecipazione, forti di un’esperienza di impegno civile contro le discriminazioni che da anni si alimenta del lavoro comune tra chi è nato in Italia e chi in Italia ora vive. La svolta, per una ripresa della vitalità civile del Paese in cui viviamo, sta proprio nella costruzione di presidi in cui cittadinanze vecchie e nuove, generazioni, culture e religioni mescolino le loro lingue. La giovanissima Chaimaa, diciassettenne proveniente dal Marocco, velata per sua scelta, alla fine dell’assemblea si è fermata con noi dell’Osservatorio: insieme a un gruppo di compagni di scuola vuole promuovere iniziative per la difesa della laicità della scuola e la difesa della Costituzione italiana. C’è ancora speranza.

Maria Bacchi

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