martedì 30 novembre 2010

Newsletter n.42/2010

Le donne in piazza contro violenza e discriminazioni (Gazzetta di Mantova, 26/11): la Giornata contro la violenza e le forme di discriminazione verso le donne ha avuto successo di pubblico per gli eventi organizzati; molte sono le lettere comparse sulla stampa: Un piano nazionale in difesa delle donne, di Telefono Rosa (Gazzetta di Mantova, 25/11), Serve la cultura del rispetto del Club Unesco (Gazzetta di Mantova, 25/11), Visione in “3d”: donne, democrazia e diritti, di 194ragioni Mantova (Voce di Mantova, 29/11).

Spazio. È di questo che le minoranze hanno bisogno da parte della stampa. Bella la pagina dedicata ad una storia: Io sono Marjus, così ho costruito le radici italiane (Gazzetta di Mantova, 29/11). Titolo a parte, che farebbe pensare alla omologazione piuttosto che all’integrazione (o, meglio ancora, interazione), leggiamo che Marjus, arrivato dall’Albania, ha deciso di frequentare il liceo classico, anche se gli insegnanti delle medie spingevano per un istituto professionale, e intende iscriversi a giurisprudenza. Ama l’Italia, ma vorrebbe viaggiare: “Se ho assorbito due culture, perché non tre?”.
Incomprensibile il motivo che ha portato un giornale a titolare in prima pagina “Emergenza studenti stranieri”, quando essa non solo non esiste, ma neppure viene poi ripresa nell’articolo interno: Studenti suzzaresi: uno su tre è straniero (Voce di Mantova, 27/11).

Ritirati i contenuti discriminatori della delibera comunale di Ceresara: Bonus bebè anche per gli stranieri (Gazzetta di Mantova, 27/11). Bene, anche se c’è un problema: potranno beneficiare del contributo solo i bambini e le bambine nati all’interno del matrimonio, tutti gli altri non sono benvenuti.
Mantova si è aggiunta alla fila delle città super regolamentate nei comportamenti urbani.
All’Osservatorio preme evidenziare le dichiarazioni di uno dei partiti di maggioranza: Regolamento di Polizia urbana. De Marchi: volevamo di più (Gazzetta di Mantova, 25/11). Il capogruppo leghista si riferisce al fatto che gran parte delle sue richieste non sono state accolte, probabilmente perché ritenute ai limiti di legge, visto che intendevano limitare esplicitamente ed esclusivamente le attività dei cosiddetti ‘negozi etnici’.
(continua..)

Angelica Bertellini

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martedì 23 novembre 2010

Newsletter n.41/2010 - Ancora sotto la gru

"LA LORO LOTTA DI OGGI E' LA NOSTRA LIBERTA' DI DOMANI"

Un’energia combattiva, coraggiosa, rumorosa e anche allegra ha attraversato Mantova sabato pomeriggio; eravamo tante e tanti, anche se non tantissimi, alla manifestazione per il permesso di soggiorno agli immigrati e alle immigrate che vivono e lavorano in Italia. C’era la consapevolezza di partecipare a qualcosa di nuovo: una lotta per smascherare leggi ingiuste e discriminatorie, per denunciare l’invisibilità a cui sono costretti dall’invenzione del reato di clandestinità decine di uomini e donne: non delinquono, lavorano, o vorrebbero lavorare, ma non sono riusciti a passare attraverso le maglie assurde e insensate della sanatoria 2009. Una manifestazione anche contro le frodi e gli abusi degli spacciatori di falsi permessi di soggiorno.

LA LORO LOTTA
Non ci sono oratori ufficiali, anche gli organizzatori sono soggetti nuovi: Il Coordinamento migranti Basso Mantovano e il Comitato 1° marzo di Mantova. Un robusto sostegno all’organizzazione è venuto dai giovani dei gruppi della sinistra radicale. Ma i ragazzi e le ragazze che guidano il corteo probabilmente non sono nati in Italia anche se, in perfetto italiano, scandiscono a ritmo di rap slogan inventati per l’occasione come “Basta truffe”, “Basta pagare”, “Siamo tutti nipoti di Mubarak” e lo ‘storico’ “Lotta dura, senza paura”. La paura di mostrarsi in prima linea per molti giovani migranti forse c’è ed è del tutto comprensibile. Lo ricorda Chaimaa Fatihi, studentessa, giovanissima attivista per i diritti degli immigrati : “Se i ragazzi che sono stati sulla gru a Brescia e quelli di Milano hanno deciso forme di lotta così radicali, è perché si sono sentiti presi in giro dal governo e dagli speculatori: la loro lotta di oggi è la nostra libertà di domani. Noi, giovani di seconda generazione, che ancora non abbiamo cittadinanza né diritto di voto, non è detto che domani non ci troviamo nella loro situazione”.
Chaimaa e gli altri esprimono rabbia, speranza, paura, consapevolezza con forme di lotta radicali e civili insieme. Le discriminazioni, le truffe, i diritti negati, il razzismo che troppo spesso incontrano non sono riusciti ancora a creare un antagonismo insanabile con la società in cui vivono: espongono se stessi a rischi, magari, ma esprimono una fortissima volontà di far capire le proprie ragioni, di essere parte attiva – e critica – della società che oggi li respinge; si inseriscono con intelligenza creativa nelle nostre migliori tradizioni di lotta. Non possono essere lasciati soli.

LA MEMORIA DI MARINO E LO SDEGNO DI ANWARA
La manifestazione procede rumorosa, gonfiandosi mentre scorre per le strade di una città che, tranne sporadici banchetti di raccolta firme e qualche discreto presidio, il sabato pomeriggio sembrava conoscere soprattutto shopping, movida e happy hour. Tra canzoni e slogan si riesce a discutere.
Entra nel corteo anche Marino, decenni di lavoro da emigrato in Svizzera, una solida coscienza dei diritti dei lavoratori, l’amarezza di vivere in un Paese immemore delle migliori tradizioni della lotta politica: “Nemmeno in Svizzera gli immigrati venivano trattati come oggi in Italia”, dice. “Certo, se tentavi il ricongiungimento, i figli dovevi nasconderli in casa, e se facevi attività politica ‘sovversiva’ rischiavi l’espulsione immediata”. E lui, che all’impegno politico non ha rinunciato nemmeno in quelle condizioni, alla manifestazione di sabato non poteva mancare. Fra i partecipanti al corteo si intrecciano storie; si ragiona sulla necessità, d’ora in poi, di imparare a far politica insieme, nativi e migranti; ci si compiace della mescolanza di generazioni. Davanti alla Questura, prima di lasciarci, dopo quasi tre ore di manifestazione, ascoltiamo l’intervento appassionato di Anwara, giovane studentessa bengalese che di getto, con voce così ferma da far fremere, rivolge agli italiani un appello forte: “Io pago le tasse e pago anche per il permesso di soggiorno, mi comporto bene, non commetto reati io; allora perché non ho gli stessi diritti degli italiani? Tutti sapete, anche gli italiani lo sanno, che nelle nostre famiglie ci sono persone che hanno pagato, oltre ai 500 euro della sanatoria, otto, dieci mila euro per non avere il permesso di soggiorno: chi glieli restituisce adesso? Perché truffate questi clandestini, questi stranieri? Siamo poveri, veniamo da paesi dove c’è la guerra, la fame, dove non c’è lavoro”. Mentre invita altri ragazzi a intervenire, senza avere paura, il corteo intona con più forza “Basta truffa! Basta pagare!”.

E NOI?
Lo stesso giorno, ancora una volta, la Gazzetta di Mantova annunciava in prima pagina Falsi permessi per badanti, tre in carcere. Chiedevano 4000 euro a straniero. Verifica su duecento immigrati. Un’intera pagina, la 15, racconta una vicenda simile a quelle che anche nelle settimane scorse anche noi abbiamo denunciato: “Il trucco consisteva nel far credere alla prefettura che ci fossero delle famiglie mantovane che avessero assunto alcuni egiziani come badanti […] un modo per far avere il permesso di soggiorno a chi era disposto a pagare fino a 4 mila euro per questo (più altri 500 all’Inps perché questo prevedeva la sanatoria)”. Ma le lungaggini burocratiche hanno sfinito gli egiziani in attesa dei finti permessi: si sono rivolti alla questura di Mantova e hanno raccontato tutto. Sono finiti in manette due italiani e un egiziano che faceva da tramite. A questo si aggiunge Sanatoria badanti, affare per tutti su Voce di Mantova il 24 novembre: arrestate quattro persone, due italiane, 4mila gli euro pagati per ogni permesso. La rassegna dei quotidiani lombardi che ci fornisce Data Stampa riporta, dall’inizio dell’anno, almeno 16 articoli che denunciano episodi di questo genere; si riferiscono quasi esclusivamente a Mantova e a Brescia: non a caso il Procuratore capo di Mantova, Antonino Condorelli, ha parlato delle truffe ai danni di immigrati come di un “dramma quotidiano”. Pensando a questa squallida “banalità del male”, ascoltando le dure parole di Anwara, quelli che erano in piazza sabato si chiedevano con un filo di malessere: “Ma gli altri dove sono?”. I ‘nostri’ altri, intendevamo; quelli che manifestando non rischiano nulla.

Maria Bacchi

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martedì 16 novembre 2010

Newsletter n.40/2010 - XII Giornata internazionale contro la transfobia

Singolare la sorte di Brenda trovata morta proprio il 20 novembre 2009, giorno in cui ricorreva l’undicesimo Transgender Day of Remembrance, ovvero la giornata istituita dalla comunità LGBT e volta alla commemorazione delle vittime dell'odio e del pregiudizio anti-transgender (transfobia).
Brenda, ricorderete, fu una delle persone transessuali coinvolte nel caso Marrazzo e il cui corpo fu rinvenuto esanime nel proprio appartamento. Ciò che da essere umano mi indigna è la mancanza di rispetto e sensibilità che i media (giornali, tv, radio e web) spesso rivolgono a persone come lei, persone che per trovare un equilibrio interiore hanno l’assoluta ed irrinunciabile esigenza di adeguare il proprio corpo alla propria anima. Provate ad immaginare come sarebbe stata la vostra vita se vi foste sentite donna e foste invece nate in un corpo maschile, oppure al contrario se foste sentiti uomo e foste invece nati con genitali femminili. Divertente? Non credo. Non sono né devianze né malattie psichiatriche. Oramai, dopo decenni di sofferenze inflitte, la comunità scientifica mondiale ha compreso che l’unica via percorribile è adeguare il corpo al “sentire dell’anima”.
Vladimir Luxuria, prima persona transgender a sedere sui banchi della Camera dei Deputati, il 21 novembre 2007 in un proprio intervento in aula per ricordare le persone transessuali vittime dei crimini d’odio diceva: “…faccio appello alla sensibilità di tutte le deputate e i deputati che hanno una reazione di orrore e condanna verso la violenza perché non esiste una classifica di dignità delle vittime…”. Poi: “…occorre contrastare anche chi incita all’odio e alla violenza armando la mano di altri con un disprezzo che a volte diventa complice”. Venendo ai giorni nostri, l’infelice esternazione di qualche giorno fa del nostro capo di governo: “meglio bla.. bla.. che essere gay” legittima pregiudizio ed intolleranza. Onestamente è grave (ma veramente grave!) che un primo ministro si permetta di disonorare la vita e la dignità di milioni di cittadini per scrollarsi di dosso imbarazzanti accuse oppure, strategicamente e subdolamente, per dare inizio ad una nuova campagna elettorale. Ricordo al Sig. Berlusconi che esiste una direttiva approvata dal parlamento europeo il 26 aprile 2007 che – riprendendo l’art. 13 del trattato di Amsterdam, disatteso dall’Italia – ribadisce l’invito agli stati membri “a proporre leggi che superino le discriminazioni subite da coppie dello stesso sesso”, e che condanna “i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali”. Stiamo a vedere se, almeno l’Europa, prenderà provvedimenti contro questa gravissima affermazione. Di certo da persone gay, lesbiche e transessuali quali siamo non permetteremo a nessuno (nemmeno al capo del governo) di mancarci di rispetto senza far sentire la nostra voce; non abbiamo scelto di essere omosessuali o transessuali, abbiamo scelto - e continuiamo a scegliere - di non abbassare più lo sguardo.

Raffaele Calciolari - Ufficio Stampa Arcigay La Salamandra

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martedì 9 novembre 2010

Newsletter n.39/2010 - La dignità non ammette silenzio

NON SALTERA' IL MONDO
"Indaghiamo sulla vita privata dei grandi
uomini: la vicinanza di un essere
umano considerato inferiore a mente
fredda, ha colmato i gesti più comuni di
una aberrazione a cui nessuno si è
sottratto."
Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel, 1970
La citazione non dia luogo a fraintendimenti.
I “grandi uomini” che Carla Lonzi aveva in mente – ne sono certa – non sono quegli esempi di rettitudine e saggezza cui a buon diritto spetterebbe questa etichetta, ma coloro che amano ritenersi tali, quei figuranti senza qualità che la vulgata popolare, il sistema mediatico, la cultura mainstream definiscono come tali, in virtù di qualche loro potere: politico, finanziario, televisivo…
Ecco perché il personaggio, contro la cui vigliaccheria siamo qui oggi ad esprimere la nostra esasperazione, rientra a pieno titolo nella categoria dei “grandi uomini” di Carla Lonzi.

L’ultima esternazione, che ha splendidamente coronato l’esplosione del Ruby-gate, non è più indecente di tante altre precedenti e dello stile di vita e di pensiero di cui è simbolo; un sistema culturale e valoriale che ruota intorno alla “vicinanza di esseri umani considerati inferiori a mente fredda”.
Quando si accendono le luci nel privé, quando gli ospiti all’alba lasciano la villa, quando sul palco della lap-dance non ci sono più le ballerine ma qualcuno che fa le pulizie, quando le bottiglie sono ormai vuote, i regali distribuiti e la musica terminata – quando, cioè, il teatrino si smonta – i “grandi uomini”, “a mente fredda”, guardano le starlette di turno, che fino a quel momento si sono illusi di corteggiare e di vincere, le danzatrici da harem, le Lolita… e non vedono persone come loro, ma quelle che secondo loro sono “le donne”: escort, “carne fresca” da comprare – ossia quegli “esseri inferiori” che permettono loro, ogni giorno, di immaginarsi “superiori” e di costruire il loro potere.

E proprio in questo sta – mi sembra – il nodo profondo del berlusconi-pensiero e dell’appeal che esso riscuote presso tanta italianità.
È il fascino della “grandezza” a portata di mano, del potere da outlet: quello che non richiede preparazione, intelligenza, studio, saggezza, rettitudine e qualità superiori alla media, ma si fonda unicamente sull’arroganza – basta circondarsi di un serraglio di “esseri inferiori”, perché ci si possa percepire “grandi”, e si possa indurre altri a considerarci tali.
Che cosa sono, infatti, machismo e maschilismo, se non strutture che il maschio eterosessuale ha inventato a suo uso e consumo, al fine di definirsi come “superiore”, e dunque in diritto di detenere il potere?

Allora, le smargiassate di un maschio sono gravi e preoccupanti non solo nel loro eventuale violare la legge e offendere ogni umano buon senso, ma anche – e forse più – perché egli, per il ruolo istituzionale che ricopre e per la visibilità di cui gode, strizza l’occhio alla parte peggiore di certa Italia da commedia anni ’60, solletica nostalgie di patriarcato evidentemente mai sopite, sdogana sentimenti, immaginari, termini e retoriche la cui indegnità credevamo assodata.
Sono preoccupanti, cioè, perché non sono i segnali della malattia di un uomo solo, ma di quella di una bella fetta di Italia.
Quella fetta di Italia che, alla sua uscita soddisfatta da vero conquistador, ridacchia e applaude, evidentemente riconoscendo parte di sé e del proprio credo in quelle parole.

Che questo mix di arroganza e violenza – di cui machismo e maschilismo sono alcune declinazioni – trovi un terreno fertile in cui radicarsi è sintomatico di un processo di regressione pericoloso.
Non solo quello che, ovviamente, investe il campo dei diritti civili e umani in Italia, che ad ogni uscita di questo tipo fanno un passo indietro di qualche anno; e non solo quello dell’autorevolezza dei nostri rappresentanti – nella quale già da tempo abbiamo smesso di sperare.
La recessione più pericolosa, forse, è quella dello stato di salute mentale del nostro Paese, che in troppi casi pare aver perso la capacità di discernere e quella di indignarsi, e che – impaurito, impoverito, inetto – sembra aver barattato la propria dignità con la scorciatoia dell’arroganza verso i più deboli, dell’umiliazione dei possibili avversari, della furbizia truffaldina e dell’ignoranza smargiassa.

È così che al dialogo viene sostituita l’offesa, che la barzelletta da osteria prende il posto dell’approfondimento, e la sopraffazione quello della collaborazione.
Non mi meraviglia che le donne, così come gli omosessuali, siano le prime categorie di persone ad essere prese di mira da questo sistema distorto di pensiero: perché esso è maschio – maschio eterosessuale – e non ha i mezzi per instaurare un confronto alla pari, non ha l’intelligenza e la consapevolezza necessarie a misurarsi su un piano di civiltà, dunque ricorre alla barbarie, consentitagli dal suo essere “maggioranza” o dal ritenersi tale.
La sottomissione – fisica o simbolica che sia – è l’unico strumento che conosce, quello che lo definisce e garantisce il suo equilibrio.

Quello che dovremmo tenere a mente ed insegnare alle altre, e la risposta più ironica che possiamo dare all’arroganza machista e maschilista – la risposta che colpirà più a fondo, perché mette a nudo il sentimento di paura e l’inadeguatezza che la originano – è, ancora, una frase di Carla Lonzi, tratta dal Manifesto di Rivolta Femminile, datata 1970 eppure (ahinoi) tremendamente attuale:

“Non salterà il mondo se l’uomo non avrà più l’equilibrio psicologico basato sulla nostra sottomissione”.

Elena Borghi

***
Una nota a margine, di una donna:

Io, per quanto possa contare, non voglio l’ammirazione, né tantomeno la presunta passione, di un uomo che, per portare il suo sguardo a me, ha attraversato, trafiggendola, la dignità di milioni di persone. Anzi, di più: io non glielo permetto. Perché io desidero e accolgo lo sguardo degli uomini che misurano la loro grandezza con la conoscenza, col rispetto, con il metro dell’uguaglianza attento alla ‘differenza’, con l’intelligenza di cuore. Sono circondata da questi sguardi: quelli dei miei amici, dei miei colleghi.
Uomini che non incasellano per gruppi umani, né ritengono che questi gruppi siano collocabili su una scala valoriale. Sono uomini che non ragionano per categorie, dall’alto della loro; sono uomini che mi stanno di fronte, i veri “grandi uomini” del quotidiano.
I loro, infatti, sono sguardi che arrivano dritti al mio, che non hanno bisogno di attraversare nulla, perché incrociano il mio sguardo.

Angelica Bertellini

Questo il contributo dell’Osservatorio alla manifestazione “La dignità non ammette silenzio” organizzata sabato 7 novembre da Arcigay La Salamandra di Mantova.

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martedì 2 novembre 2010

Newsletter n.38/2010 - Il coraggio di dire: basta!

Silvio Berlusconi: “E' meglio essere appassionato di belle ragazze che gay”, questa è l’ultima volgarità che infiamma il dibattito in Italia. Alcune settimane fa Bossi ha chiamato “porci” i romani, il Senatore Ciarrapico si è chiesto se Fini abbia già ordinato la kippah (il copricapo ebraico), mentre il Ministro Maroni ha affermato “niente casa ai Rom” e mi fermo perché devo dire che non è certo facile star dietro al dibattito "culturale" nel centrodestra italiano.
L’uscita del Presidente del Consiglio colpisce in volgarità sia le donne che i gay. Le donne perché un uomo può essere appassionato di orologi o di musica ma non certo di una parte di umanità, come se questa fosse un oggetto da collezione. I gay perché si stigmatizza e si equipara l’omosessualità al negativo: è male esserlo.
Il messaggio del Presidente Berlusconi al Paese è devastante e rischia di svilire il lavoro svolto in questi due anni dalla Ministra Carfagna, che con convinzione si è spesa per combattere l’omofobia ma anche le violenze e le discriminazioni che colpiscono, guarda caso, sempre di più le donne.
Confesso che tutto questo scempio non lo trovo né divertente e neppure un innocuo esercizio di folklore. Qualcuno dirà che certa gente ha sempre pensato queste cose ma non ha mai trovato il coraggio di dirle. Ed è per questo domando: chi gliel’ha dato questo coraggio? Noi! Troppe volte in questi anni abbiamo girato la testa di fronte a tale scempio dei valori con i quali siamo cresciuti. Vi prego di riflettere se non sia giunto il momento di smetterla di girare la testa e avere il coraggio di dire: basta!

Carlo Berini

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