martedì 31 agosto 2010

Newsletter n.29/2010 - L'incitamento contro Rom e Sinti

Se qualcosa, qualunque cosa, non va, per molte persone sembra indispensabile dare la colpa all’Altro. Qualche esempio.
Un’anonima (si dice “allibita”) invia alla rubrica delle lettere di un quotidiano una protesta contro il decadimento del proprio paese: Villimpenta era da ammirare una volta, non certo ora, purtroppo (Voce di Mantova, 26/8), e dopo aver scritto per tre colonne supiazza, festa, risotti perduti, conclude a sorpresa con “Intanto ci restano i furti nelle abitazioni, extracomunitari seduti al bar tutto il giorno (tanto sono mantenuti...) e fossi pieni di erbacce”.
Osserviamo anche come scatta il cortocircuito: "Mia madre è senza casa ma ha meno diritti dei rom" (lettera di Vivian Bracchi, Cronaca qui, 28/8), dal titolo è facile intuire il contenuto, ma ecco il gancio pericoloso: un editoriale prende spunto da questo sfogo e attacca con La miccia è accesa (editoriale di Andrea Miola, Cronacaqui, 28/8).
Miola dice che di lettere come quella ne arrivano tante, troppe, e sono terribili, da censura, tanto che teme l’insurrezione popolare, nella fattispecie contro le persone rom e sinte. Come mai signor Miola? Solo perché nelle ultime settimane, tanto per restare nei tempi recenti, buona parte della stampa ha costruito un clima di terrore? Invasione di rom al parco dei bimbi (sempre su Cronacaqui, 28/8), ad esempio, che è stato pubblicato nel giorno in cui la stampa dava la notizia di un bambino morto tra le fiamme della miseria. [...]


In questo contesto di pregiudizi e azioni razziste contro le popolazioni rom e sinte ci pare importante la segnalazione e le argomentate riflessioni di questi amici, Franca Ruolo e Alan Pona, che hanno analizzato un’unità didattica, Dammi qualcosa, contenuta in un libro di lingua italiana per stranieri (L2) edito nel 2003, Foto parlanti, largamente diffuso nelle librerie e, ciò che ci preoccupa maggiormente, anche consigliato da chi si occupa di intercultura.
Leggi Foto parlanti, il linguaggio del razzismo.


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martedì 24 agosto 2010

Newsletter n.28/2010 - Siamo vittime?

Non voler conoscere la verità su se stessi è la forma contemporanea del peccato (Kazimir Brandys)


Insicuri, molestati, infastiditi e minacciati: siamo vittime?
Nel dicembre 2009 l’indagine annuale del quotidiano Italia Oggi indicava Mantova come prima città italiana per sicurezza e qualità della vita. In pochi mesi siamo piombati nel vortice del bisogno di sicurezza, nel labirinto delle sensazioni di pericolo che diventano dati di realtà per legittimazione istituzionale. Il consigliere De Marchi afferma, in una lunga intervista sulla Voce del 12 agosto, di volere un osservatorio sulla “percezione della sicurezza” per capire come mai nei quartieri “ci sono situazioni crescenti di disagio e delinquenza mentre le statistiche dicono che i reati calano”. In molti fingono di ignorare l’esistenza di intere biblioteche di scritti che dimostrano come ogni ‘giro di vite’ – dall’approvazione del pacchetto sicurezza all’incomparabilmente più grave microviolenza nazionalista ed etnicizzata che ha preceduto l’esplosione delle guerre jugoslave degli anni Novanta e il genocidio ruwandese – sia stato preceduto da intense campagne mediatiche che seminavano tra la gente il senso dell’insicurezza, dell’oscura minaccia proveniente da un altro che si vuole ad ogni costo sconosciuto e pericoloso, anche quando è vicinissimo da sempre. Da anni Articolo 3 ‘osserva’ la stampa in questo senso; se facessimo entrare nel nostro monitor anche le Tv locali avremmo un’idea più precisa di come gli immigrati, i sinti, i rom siano presentati ogni sera come minacce all’ordine e alla sicurezza dei ‘poveri’ cittadini. Che poi la violenza omicida si consumi all’interno delle famiglie, che l’illegalità che pesa davvero sulle tasche dei cittadini spesso indossi il doppiopetto, che racket e malavita si celino dietro forme di imprenditoria apparentemente ineccepibili – ma in realtà deviate e colluse con le mafie –, che gli abusi sui minori viaggino via internet e siano compiuti spesso da irreprensibili cittadini, di questo pare che gli italiani tendano a dimenticarsi. “Non voler conoscere la verità su se stessi …”
Sarebbe utile anche capire quali meccanismi psicologici allignino sotto la dilagante pratica della delazione: Mendicante davanti al negozio. L’allarme: “Molesta i clienti” (Gazzetta, 22 agosto), sono decine i titoli di questo genere sulla stampa regionale e le segnalazioni che affiorano dalla lettura dei quotidiani locali. Ci sono mantovani che telefonano alle forze dell’ordine per segnalare gli accattoni, sempre, in quanto tali, molesti. E questa notizia ci spaventa perché la pratica della delazione ha una storia antica e tremenda. E, per non andare troppo in là, basterebbe ricordare che il fascismo si è retto fin dall’inizio sull’incoraggiamento alla delazione, sull’uso delle spie.
Mi dà fastidio, infastidisce i clienti del mio negozio, è brutto e sporchino, puzza, è troppo giovane e ben vestito per chiedere l’elemosina, si finge invalido, è lamentoso, è arrogante? Comunque avverto chi di dovere per farlo sparire: mi molesta e mi irrita.
Forse non tutti i mantovani sono così; forse la maggioranza è ancora serena, generosa e solidale. Chi lo sa… per ora! Ieri mattina in Valletta Paiolo un giovane fisarmonicista allietava le strade creando con la sua musica un’atmosfera d’altri tempi. Chiedeva sorridendo un aiuto. Da più di una finestra sono stati lanciati pacchettini di carta contenenti monete. Il ragazzo raccoglieva, ringraziava, continuava. Nessuno sembrava sentirsi molestato, qualcuno, come me, deve persino aver pensato che senza di lui la mattina sarebbe stata più triste.
Per un momento ho avuto la bella sensazione che nella mia città i “buonisti” siano ancora molti, almeno in periferia.

Maria Bacchi

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