martedì 29 giugno 2010

Newsletter n.23/2010

Le decisioni del Governo in materia di economia non sono argomento di discussione dell’Osservatorio, sempre che queste – al pari di altre decisioni, norme, atti – non vadano a ledere la parità di trattamento. In questi giorni il data base che contiene la rassegna stampa regionale (Lombardia) ci segnala una serie di articoli che parlano dei tagli previsti dalla manovra finanziaria e se compaiono, ossia se vengono selezionati dal gruppo di esperti che abbiamo formato al radar dell’Osservatorio, un motivo c’è. Occorre capire di che cosa si parla. Uno degli interventi previsti dal Governo consiste nell’innalzamento della percentuale di invalidità che dà diritto all’assegno mensile di € 255,13 corrisposto alle sole persone che non superano il reddito annuale personale di 7.500 euro per lavoro dipendente, o 4.500 euro per lavoro autonomo, cioè a chi non riesce neppure a mantenersi, perché significa guadagnare non più di 625 euro al mese, vergognosamente lordi.
Dunque, stando alla finanziaria, non si tratta di “toccare” le già misere pensioni, questo no, si tratta di trasformare le persone disabili in persone sane. Se la manovra sarà approvata, la percentuale di invalidità richiesta per avere accesso all’assegno passerà dall’attuale 74% all’85%. Quindi? Se oggi ti presenti alla commissione medica e questa ti giudica persona con una “incapacità lavorativa” quantificabile in una disabilità dell’80% (guardate che è altuccia, un bel guaio!), allora sei ufficialmente disabile, è confermato: se non lavori hai diritto ad una mano, puoi iscriverti alle liste del collocamento obbligatorio, sei esente dai ticket, ecc. Se invece ti sottoponi alla commissione tra qualche mese...magia! Non sei più disabile, o almeno non così tanto da avere diritto ad un aiuto economico.
“C’è bisogno di un’azione forte contro i falsi invalidi, che privano di risorse le persone che ne hanno veramente diritto”, dicono dal Ministero competente, e tutti non possono che essere d’accordo, ma che c’entra questo con la decisione di alzare la percentuale?

Angelica Bertellini

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martedì 22 giugno 2010

Newsletter n.22/2010

Al calciatore africano discoteca vietata (Corriere Milano, 19/6). La prima scusa addotta per non fare entrare il ragazzo in questa discoteca del bergamasco è stata che non aveva l’abbigliamento adatto, il suo allenatore gli ha quindi fornito indumenti firmati, con i quali si è cambiato. Niente da fare, a quel punto la risposta è stata “locale pieno”. Peccato, però, che il mister, messosi da una parte, ha potuto notare l’ingresso di numerose persone nel locale. A quel punto il giovane giocatore ha preso atto: “il problema non è la mia maglietta, ma il colore della mia pelle”. Il titolare del locale, che nega ogni accusa di razzismo, minaccia una denuncia per diffamazione, ma noi speriamo che parta prima quella per discriminazione razziale. Si tratta del secondo caso lombardo passato sulla stampa (newsletter n°9 e 10).

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martedì 15 giugno 2010

Newsletter n.21/2010

“Mi hanno chiamata macaco!” è la frase che a tutti ripete con ovvia amarezza Emilia, donna senegalese che da anni abita qui, lavora in una cooperativa, ha famiglia, tutti regolari e con contratto a tempo indeterminato. Perché qui nella Padania-Montichiari, quasi 25.000 abitanti, governata da 11 anni da una giunta monocolore leghista, se non hai un lavoro stabile (!?) non ti concedono la residenza. In breve: da anni l’allora sindaco Gianantonio Rosa, ora vice, ed ora, lo stesso Rosa, spalleggiato dall’allora vice, ora sindaco, Elena Zanola, fanno a loro piacimento regole e considerazioni come fossero i legislatori del Parlamento italiano. Dicono che è assurdo che si possa controllare lo stato di auto-mantenimento di un comunitario che vuole avere la residenza ufficiale in paese mentre ciò non è richiesto se trattasi di un extracomunitario, ovvero di un migrante. Quindi con lungaggini e continue richieste di informazioni rallentano le pratiche, magari nella speranza che qualche “macaco” decida di cambiare paese o tornarsene in Africa. Sì perché il signor Rosa pare anche abbia detto all’Emilia: “Voi africani venite qui a rompere i maroni!” e l’Emilia ha capito bene cosa volesse dirle...

Daniele Zamboni

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martedì 8 giugno 2010

Newsletter n.20/2010. E' difficile integrarsi a Lunetta?

Lunetta è un quartiere con una brutta reputazione a causa dei comportamenti, a volte molto scorretti, di coloro che vi abitano.
Attenzione però, ciò non vuol dire che tutti siano delinquenti. Ma a causa di qualcuno disonesto ci rimettono tutti. Ed escludendo questo fatto, nonostante Lunetta sia un quartiere con una maggioranza di famiglie straniere, questi stranieri non hanno problemi di integrazione.
I giovani che ci vanno ad abitare non trovano difficoltà ad inserirsi; è normale che all’inizio ci si senta esclusi perché non si è del posto, ma con l’andare dei mesi si riesce ad inserirsi perfettamente grazie ai ragazzi che già vi ci abitano che non hanno problemi razziali e, contrariamente agli adulti, a loro piace fare amicizia con tutti quindi non importa da dove si venga. Io abito a Lunetta da nove anni, non ho mai subito atti razzisti e nemmeno la mia famiglia.
Ho chiesto ad amici sia italiani che stranieri che abitano a Lunetta se hanno avuto problemi del genere e anche loro mi hanno risposto di no. “Questo quartiere è pieno di ragazzi che giocano fra di loro, senza pensieri strani per la testa, ed è anche un quartiere ricco di potenzialità che non vengono sfruttate”: queste sono le parole di un mio amico che abita a lunetta, e sono perfettamente d’accordo con lui, perché Lunetta ha tutto: palestra, banca, poste, farmacia, supermercato, pasticceria, pizzeria, campi da calcio, chiesa ecc, solo che si dovrebbe migliorare l’ambiente e abituare gli abitanti a prendersene maggiormente cura.
Esistono famiglie italiane che non accettano gli stranieri a causa dei loro comportamenti strani, del modo di vivere diverso e probabilmente hanno ragione a lamentarsi di rumori e fatti che non sono nella norma, ma non possono esagerare e discriminare tutti.
Purtroppo alcune persone lo fanno e mi dispiace perché considerano tutti gli stranieri uguali. Vorrei che queste persone tenessero bene a mente queste parole: “Così come esistono italiani che si comportano male, esistono anche persone che vengono da altri paesi che si comportano male, ma queste persone a differenza di loro pensano sempre che non tutti siamo uguali, italiani o stranieri che siano”.

Erika

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mercoledì 2 giugno 2010

Newsletter n.19/2010 - Via Padova: un altro mondo è possibile

Via Padova a Milano è lunga 4 chilometri e si presenta come il naturale proseguimento di corso Buenos Aires, principale centro commerciale della città. Sui due lati della via a stabili di edilizia popolare di ‘ringhiera’ si alternano palazzi d’epoca, edifici degli anni Cinquanta e condomini ancora in costruzione. Solo fino a pochi decenni fa la via si perdeva in campi e cascine; oggi un anello di nuovi quartieri, a fortissimo insediamento abitativo, la chiude negli ultimi cento metri prima del cartello che indica la fine della città di Milano. La via ha accolto negli ultimi trent'anni cittadini attratti dagli insediamenti industriali vicini, in particolare quelli ubicati nell’area limitrofa di Sesto San Giovanni, e quindi si è molto presto caratterizzata come una zona popolare.
Ondate di immigrati, principalmente meridionali e veneti, negli anni Sessanta hanno riempito di vita la via regalandole caratteri particolari e unici rispetto ad altre zone della città: via Padova pullulava di vita, in ogni ora del giorno e della sera, anche a mezzanotte si potevano trovare bambini che scendevano in strada per comperare il latte, dal balcone i grandi si affacciavano per vegliare sul loro cammino. In ogni condominio le persone si conoscevano e formavano delle piccole comunità. Molti anziani rimanevano nei loro appartamenti fino all’ultimo giorno di vita accuditi da vicini di casa, dai parrocchiani, dai meno anziani. Mercati, ponti e vie erano continue occasioni di chiacchiere e di socialità.In questo contesto paesano e vitale hanno cominciato da alcuni decenni ad inserirsi i nuovi immigrati extracomunitari...

E.

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